Allattamento al seno: la mia esperienza

Partiamo dal presupposto che io desiderassi allattare al seno Francesco più di ogni altra cosa e che l’allattamento era stato sempre un mio chiodo fisso durante la gravidanza, cioè io davo per scontato che avrei praticato allattamento esclusivo al seno anche se i miei interrogativi erano tanti. Ci sarei riuscita? Avrei avuto latte? Sarebbe stato tutto da vedere.

Quando mi hanno portato per la prima volta Francesco qualche ora dopo la sua nascita e mi hanno detto di attaccarlo al seno ero un’imbranata ed emozionatissima mamma del suo primo bambino che non aveva minimamente idea di quanto fosse terribilmente complicato e allo stesso tempo meraviglioso quello che si apprestava a fare.

E’ successo che quella volta, la nostra prima volta, Francesco si è immediatamente attaccato al seno iniziando con mio grande stupore a ciucciare senza alcuna esitazione. Ero felicissima di questa cosa. Avevo sentito e letto tante esperienze di mamme che raccontavano quanto fosse difficile ed importante che il bambino si attaccasse bene al seno e sapevo che questo a volte poteva richiedere del tempo. A noi invece era avvenuto tutto in modo così naturale che quasi stentavo a crederci. Era una piccola prima grande conquista, ma non era finita qua, perché risolto questo, il mio nuovo interrogativo era “Scenderà il latte? E se si, quando?”.

Per telefono mia nonna mi diceva “Non ti preoccupare, di solito scende al terzo giorno dopo il parto. Sentirai tirarti forte dietro le spalle quando arriverà la montata lattea”. Io fiduciosa aspettavo questa benedetta montata lattea, mentre continuavo spessissimo ad attaccare Francesco affinchè con la suzione stimolasse la discesa del latte, mentre si nutriva del preziosissimo colostro.

Ma vi racconto cosa accadde nel mentre.

Accadde che siccome Francesco aveva deciso di venire al mondo con un po’ di anticipo (3 settimane, ma secondo i miei calcoli anche di più), alla nascita pesava solo 2,830 kg e alla vista era veramente minuscolo. Accadde che il giorno successivo alla nascita, la pediatra, insieme alle infermiere del nido, venne a comunicarmi che il bambino aveva avuto già un importante calo di peso e che dovevano assolutamente evitare che ne perdesse ancora, motivo per cui gli avrebbero dato il latte artificiale. Non si poteva aspettare che scendesse bene il mio latte rischiando che il bambino perdesse ancora peso per cui avrei dovuto continuare ad attaccarlo al seno e dopo dargli il biberon preparato da loro.

Lacrime a dirotto. Immaginavo che così Francesco si sarebbe abituato al latte artificiale, al biberon, al poco sforzo che richiede tanto da non volersi più attaccare al seno. La comunicazione della pediatra fu interpretata da quella me stravolta dal parto in piena tempesta ormonale come “Non sei in grado di allattare tuo figlio”. Lo so che non voleva dire questo, ma in quel momento per me fu così. Continuai come mi avevano detto, tra un pianto e l’altro, ad attaccare Francesco al seno anche se  mi  sembrava inutile perché avevo l’impressione che nel mio seno non ci fosse niente, sopratutto se pensavo che c’era stato bisogno del latte artificiale.

Durante la terza notte dopo il parto, puntuale come aveva detto la mia nonna al telefono, la montata lattea. Una dolorosissima benedizione. Ero al settimo cielo e non vedevo l’ora che dal nido mi portassero Francesco per attaccarlo al seno e finalmente nutrirlo del mio latte. Purtroppo non andò come io mi auguravo perché quel giorno Francesco era impossibile svegliarlo. Arrivò dal nido con la bocca ancora sporca di latte e dormiva così profondamente che ogni mio tentativo di svegliarlo per attaccarlo al seno fu vano e intanto io continuavo a piangere, sia per questo che per il dolore fisico della montata lattea. Il seno sembrava esplodere e Francesco non voleva ciucciare. Non sapevo come fare. Gli impacchi di acqua calda mi aiutavano ad alleviare leggermente il dolore e ad evitare che si creassero degli ingorghi, ma Francesco continuava a dormire. Presa dalla disperazione andai al nido a chiedere aiuto perché forse non sapevo allattare, forse loro avrebbero potuto aiutarmi ad attaccarlo. Non c’era verso. Lo misero addirittura con la testa sotto al rubinetto, ma lui continuava a dormire. Mi consigliarono di aiutarmi con il tiralatte, se non altro per evitare che si creassero dolorosissimi  ingorghi. Quell’intera giornata trascorse così, attaccata al tiralatte ogni 3 ore.

Al momento delle dimissioni la pediatra dell’ospedale mi spiegò che da ciò che era risultato dalle doppie pesate che in quei giorni avevano fatto (cioè pesato il bambino a digiuno e dopo la poppata) per il momento solo il mio latte non fosse sufficiente, per cui avrei dovuto dare l’aggiunta di latte artificiale ad ogni poppata. Mi disse anche però che era sicura che una volta tornata a casa, con tutte le comodità e in un ambiente familiare, il latte sarebbe sceso per bene e non ci sarebbe più stato bisogno del latte artificiale.

Arrivammo a casa e io mi sentivo smarrita pur essendo a casa mia. Come preparo il latte artificiale? Che latte gli do? Come mi regolo? Come faccio a sapere se è sazio? Tutto nuovo, tutto bello, ma che gran bel casino.

Decido di non darglielo quel latte artificiale. Ora lo so, forse ho sbagliato. Anzi, sicuramente ho sbagliato. Ma io ero così intestardita, così determinata a volerlo allattare al seno che volevo provarci ad ogni costo, senza interferenze, senza alcun latte artificiale che avrebbe potuto secondo me ostacolare quella che mi sembrava la cosa più naturale del mondo.

Avrei tanto altro da dire, ma questo post risulterebbe infinito e forse anche pesante.

Alla fine sono riuscita ad allattarlo per soli 3 mesi Francesco, 3 mesi d’inferno perché dormiva pochissimo e piangeva tanto; perché dopo soli due giorni dalle dimissioni mi sono ritrovata sola per intere giornate con un bambino piccolissimo, senza esperienza alcuna a fare i conti con un allattamento difficile che mi teneva sveglia giorno e notte; con l’ossessione della bilancia; con le tantissime persone che venivano a vedere Francesco e mi chiedevano “lo allatti?”; con le centinaia di esperienze altrui raccontatemi, per non parlare dei consigli non richiesti.

Ciò che mi traeva in inganno e che mi portava ad insistere ancora con l’allattamento esclusivo era il fatto che Francesco aumentasse di peso, non tantissimo, prendeva dai 27 ai 30 g al giorno, ma aumentava. Dicono che la serenità della mamma faccia tanto nell’allattamento e se penso a questo fattore l’allattamento di Francesco non poteva che andare così.

A 20 giorni dalla sua nascita un grave ed inaspettato lutto ha colpito la mia famiglia e tutti mi dicevano “attenta al latte che con i dispiaceri se ne va!”. Ma come potevo? Non sapendo cosa fare per “stare attenta al mio latte” iniziai a prendere degli integratori per l’allattamento, tisane apposite, brodi di pollo e sembrava andare abbastanza bene.

I dispiaceri del mio puerperio però non erano finiti qui. Nemmeno il tempo di iniziare ad elaborarlo un pochino quel lutto che arriva il colpo di grazia per il mio latte, a due mesi e mezzo di vita il ricovero di Francesco per la bronchiolite. Oltre allo spavento,  il fatto che per sei giorni lui non si sia quasi mai attaccato al seno ha fatto si che la mia produzione di  latte, che già scarseggiava, diminuisse ulteriormente.

Dopo il nostro rientro a casa successivo al ricovero, ho detto basta. Ho deciso che non fosse più il caso di stressarsi ulteriormente, più di quanto già la vita avesse deciso per noi. Ho iniziato a dare a Francesco il latte artificiale, anche se questo significava per me smettere di essere indispensabile per lui. Quando vedevo qualcun’altro dargli i biberon per me era una lama nel cuore. Ho cominciato con un allattamento misto, pian piano eliminando completamente il seno. Francesco ha iniziato a dormire di più, sia di giorno che di notte ed io a riacquistare a piccoli passi la mia serenità e a godermi finalmente la maternità che non è meno bella se non si allatta il proprio bambino (che sia per scelta o per forza di cose, come nel mio caso).

Che cosa ho capito dalla mia esperienza?

Che l’allattamento è una cosa assai complicata. Che può essere bellissimo, ma non sempre lo è. Che non è vero che il “latte ce lo abbiamo tutte”, che è proprio grazie a chi ci riempie la testa di queste teorie se poi quando il nostro latte non basta facilmente ci sentiamo da buttare o peggio ancora ci ostiniamo a credere che non sia possibile. Che una mamma che allatta ha bisogno di tanto aiuto intorno, materiale e morale. Che è NECESSARIO farsi seguire da persone competenti che accompagnino la neo mamma nel percorso dell’allattamento. Che la bilancia non è l’unico indicatore della buona riuscita dell’allattamento.

Ce n’é voluto di tempo prima che mi capacitassi del fatto che anche se mio figlio il peso lo prendeva, non era solo quello che dovevo tenere in conto. Che avrei dovuto osservare con serenità il mio bambino per accorgermi dei segnali che mi mandava. Ce n’è voluto di tempo prima che imparassi ad ascoltare e capire mio figlio e questo credo non me lo perdonerò mai.

Alle neo mamme dico di provarci, di farsi aiutare nel senso tecnico del termine (non da chiunque!) e di farsi sostenere in tutti i sensi dalle persone che si hanno intorno, di non lasciarsi demoralizzare dalle difficoltà iniziali che in moltissimi casi si incontrano, ma dico anche e lo dico a gran voce, che se non va non è la fine del mondo,che i vostri figli vi ameranno comunque, che non sarete delle mamme di serie B solo perché i vostri figli cresceranno con il latte artificiale, perché cresceranno comunque sani e forti e soprattutto felici, perché la loro felicità dipende dalla vostra serenità che deve venire sempre prima di tutto.

Thepowerofpink

Una risposta a “Allattamento al seno: la mia esperienza”

  1. Bellissimo post. Unico rammarico è che secondo me i problemi con l allattamento nascono proprio con il personale sanitario, durante il ricovero post parto, che non ne sanno niente di allattamento. Ci vorrebbe una figura esperta in ogni reparto di ostetricia. Un abbraccio

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